Dicono di me
20 luglio 2010: è il giorno in cui Manuel ha lasciato questa Terra, ma non il cuore di chi lo ha amato. Per chi crede, non esiste “una fine” ma il “per sempre”, l’inizio di una vita nuova, piena di luce.
Lo conferma anche la presenza viva di questo bambino nel cuore di chi l’ha conosciuto personalmente o attraverso la sua biografia. Lo convalidano le numerose testimonianze che, in questi anni, sono giunte dall’Italia e dall’estero.
Ne condividiamo alcune che raccontano l’affetto, la stima e l’ammirazione di chi è rimasto impressionato dalla bontà, dalla gioia e dalla spiritualità di Manuel, “il piccolo guerriero della Luce”.
LASCIA LA TUA TESTIMONIANZA
Vuoi raccontarci come hai conosciuto Manuel e cosa ha donato alla tua vita?
Se lo desideri, la tua testimonianza sarà condivisa e potrà essere un messaggio di speranza per altri.
La gioia di vivere
«Nel 2009, ricevetti una lettera della signora Enza Foderà nella quale mi parlava del suo piccolo “guerriero della Luce”, Manuel, di 8 anni, affetto da neuroblastoma e sovente ricoverato per lunghe degenze presso l’Ospedale “Di Cristina” di Palermo. Mi raccontava della sua lotta che durava ormai da cinque anni, della sua fede e dei suoi alti e bassi nell’affrontare il quotidiano calvario del suo coraggioso figlio.
Mi diceva che Manuel era solito seguire quotidianamente le trasmissioni di “Tele Radio Padre Pio”, la Santa Messa e soprattutto il santo Rosario delle 20.45.
Mi raccontava inoltre che Manuel si era molto affezionato alla mia persona e che desiderava tanto venire a San Giovanni Rotondo per pregare Padre Pio e allo stesso tempo per conoscermi.
La lettera di mamma Enza mi commosse profondamente e decisi di risponderle subito per dirle una parola di conforto e assicurarle il sostegno della mia povera preghiera.
Da allora è nata una vera e propria amicizia con il piccolo Manuel, che molto spesso mi telefonava per confidarmi le sue lotte ma anche la sua gioia di vivere, il suo amore verso Gesù e la Madonna e il suo infantile ottimismo.
Una telefonata di Manuel era sempre per me un’esperienza di fiducia e di gioia. Quando gli chiedevo: “Come stai?”, la risposta era immancabilmente la stessa: “Bene!”. E poi continuava a raccontarmi delle sue giornate, delle cure cui era sottoposto e della sua voglia di guarire. Spesso mi accennava al suo amore verso Gesù nell’Eucaristia e della sua fiducia nella Madonna.
Mi chiedeva inoltre di pregare per lui Padre Pio perché desiderava tanto guarire per venire a S. Giovanni Rotondo. Ricordo che qualche volta mi chiamava dopo la recita del rosario serotino, per dirmi candidamente: “Fra’ Carlo Maria, mi sono addormentato e non ho ascoltato la tua benedizione finale. Me la puoi dare adesso?”.
E io, trattenendo le lacrime e la commozione, gliela impartivo con tutto il cuore, pensando a questo angioletto, che a soli 8 anni, conosceva già l’esperienza del dolore e lo affrontava con tanto coraggio e fede. Confesso che mi sentivo piccolo dinanzi a lui.
Ci sentivamo tanto di frequente; certe volte era lui a chiamarmi, altre volte ero io a telefonargli; avevo tanto bisogno di sentire la sua voce sempre allegra e fiduciosa.
Solo in rare occasioni il dolore trapelava dalla sua voce stanca, quando il morso del dolore si faceva più acuto e lui non riusciva totalmente a nascondere quanto soffriva.
All’inizio del 2010 mamma Enza mi disse che Manuel peggiorava vistosamente e che il suo sogno di poter venire a San Giovanni Rotondo stava diventando una chimera.
Fu allora che, nel corso di una telefonata con Manuel, gli dissi che sarei andato a trovarlo a Palermo, e lui ne fu tanto contento.
Manuel era in una stanza asettica e la visita di estranei era sconsigliata per evitare che il bambino potesse contrarre altre malattie, dato che aveva le difese immunitarie quasi azzerate.
Dopo aver avuto il visto da parte dei medici ed essermi rivestito di camice, copricapo e calzari, riuscii finalmente ad entrare nella stanza di Manuel.
Fu molto contento della mia visita. Sembrava tanto gioioso e sorridente, molto loquace e desideroso di conoscere tante cose della mia vita e di quanto accadeva nel santuario di Padre Pio.
Mi chiese inoltre se gli avevo portato la comunione. Egli desiderava tanto ricevere Gesù e mi fece promettere che gliel’avrei portata l’indomani.
Manuel mi parlò di Gesù, della Madonna, del suo amore per l’Eucaristia, ma anche del suo desiderio di guarire, perché voleva parlare a tutti di Gesù, soprattutto ai suoi compagni di scuola.
Trascorsi un pomeriggio in allegria. Ci fu anche un’irruzione di alcuni clowns che inscenarono una breve commedia per far divertire Manuel, il quale si mostrò molto allegro e affabile con loro.
Mi accorsi che qualcuna di queste giovani donne aveva le lacrime agli occhi, sapendo che Manuel aveva poche speranze di vita. Era stupefacente vederlo sempre sereno e sorridente, pronto allo scherzo e sempre ottimista; mai lo sentii lamentarsi o assumere un volto triste o malinconico. Era lui che infondeva serenità e sembrava consolare gli altri con il suo sorriso e la sua vitalità contagiosa.
Poco dopo arrivarono anche papà Giuseppe, la sorella Stefania e il fratello Francesco. Manuel era felice di rivedere tutti i suoi cari e chiedeva al papà se gli aveva portato un video gioco che tanto gli piaceva. Non volendo abusare del permesso concessomi di entrare nella camera di Manuel, decisi di salutarlo e gli promise di ritornare l’indomani mattina, prima del mio rientro a Foggia nel pomeriggio.
Difatti l’indomani mattina tornai da Manuel e gli portai la Santa Comunione. Dopo averla ricevuta si coprì la testa sotto le coperte e rimase a lungo a ringraziare Gesù. Dopo circa 10 minuti, mi volle confidare quello che Gesù gli aveva detto: “di non scoraggiarsi né di lamentarsi delle sue sofferenze”.
Esse non sarebbero durate a lungo, ma Egli ne aveva bisogno per convertire i peccatori e salvare tutti. Il Signore gli aveva promesso il suo aiuto.
Rimasi tanto sorpreso ed edificato della fortezza d’animo di questo bambino tanto forte e coraggioso nell’affrontare il dolore.
Mamma Enza mi confidò che all’inizio non voleva nemmeno gli antidolorifici, perché affermava che Gesù gli aveva chiesto di soffrire con Lui. Come avrebbe potuto soffrire se gli somministravano tali calmanti? Poi però si sottoponeva docilmente alle terapie prescritte. I dolori comunque erano sempre presenti e martoriavano il suo corpicino, anche se lui cercava di non farlo vedere.
Ci lasciammo con l’impegno di preghiera reciproca e di sentirci spesso al telefono. Si affidò soprattutto alle mie preghiere presso S. Pio e la Madonna nel S. Rosario di ogni sera. Confesso che questa esperienza mi ha segnato profondamente. Ho percepito in questo bambino qualcosa di soprannaturale, una presenza di Dio e del suo Spirito che lo rendevano forte nella sofferenza e allo stesso tempo testimone della grandezza e dell’amore di Dio.
Sono certo che Gesù lo ha accolto nel cielo tra i suoi angeli e che egli continua a vegliare su ognuno di noi col suo sorriso e la sua preghiera».
Fra’ Carlo Maria Laborde , Pietrelcina (BN).
Un Amico davvero speciale
«Ho conosciuto Manuel in un giorno di settembre del 2008, all’inizio di un’esperienza che avrebbe segnato per sempre il mio cammino. Ero un giovane diacono, ordinato da pochi mesi, e avevo appena cominciato un’esperienza di volontariato nel reparto di oncologia pediatrica dell’Ospedale di Palermo.
Ricordo bene il nostro primo incontro. Manuel era nella cappella dell’ospedale, assorto nel silenzio. Quando mi vide, notò il colletto e mi chiese: “Sei un sacerdote? Mi puoi portare la Comunione?”.
“Sono un diacono, – risposi – sto per diventare prete”. E lui, con un sorriso che ancora porto nel cuore: “Allora possiamo essere amici”.
Da quel giorno avviammo un’amicizia profonda, vera, nata sotto lo sguardo di Gesù.
Mi impressionò da subito il suo amore per l’Eucaristia. Quando riceveva Gesù, restava in silenzio, si stendeva sul banco della cappellina o si copriva il volto con il lenzuolo se era a letto.
Rimaneva in silenzio, a colloquio con il suo Amico anche per una ventina di minuti.
Era consapevole che la Comunione era un dono prezioso. Mi disse una volta: “È un momento troppo speciale. Se si interrompe, non torna più».
A volte mi tornano in mente le sue domande. Una volta mi chiese: “Perché Gesù mi dice sempre: ‘Il tuo cuore non è tuo, è mio, e io vivo in te?’”.
Gli spiegai che quella frase era la stessa verità scritta da San Paolo: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me.
Aveva una capacità incredibile di sopportare la sofferenza. Rifiutava spesso la tachipirina, dicendo: “Devo aspettare un po’. Gesù ha bisogno del mio dolore di oggi per salvare le anime”.
Quelle parole si mi sono stampate nel cuore.
Manuel era un bambino dal cuore grande, sempre attento agli altri, soprattutto a chi aveva meno. Ricordo un episodio che mi colpì profondamente. Un giorno gli proposi di scegliere un piccolo regalo. Ne fu felice. Ma ne prese due invece di uno. La mamma, con tono affettuoso ma deciso, gli fece notare che avrebbe dovuto accontentarsi di uno solo.
Lui, con uno sguardo sereno e una maturità sorprendente, rispose: «Lo so, mamma. Ma così possiamo aiutare meglio quella signora povera che ha bisogno di mangiare».
Nonostante la sofferenza, riusciva a donare gioia. Aveva bisogno lui, ma era lui a sostenere noi. Mi diceva che Gesù gli aveva donato tanta sofferenza perché insieme dovevano salvare il mondo. E io ci credo. Quel bambino ha offerto la sua vita per i cuori induriti. Era un vero guerriero della Luce.
Don Ignazio Vazzana, parrocchia Maria SS. del Carmelo (PA).
Manuel, un piccolo altare
«L’esperienza di fede e di vita di Manuel a si può realmente capire solo alla luce della vita stessa di Gesù, “il suo amico speciale”.
Nella vita di ogni uomo c’è sempre una “grotta” dove si nasce, un “cenacolo” dove si condivide la parte più profonda del proprio cuore; e poi c’è un “altare”, un “Golgota” dove ci si dona, dove ci si offre per un’alta “Missione” d’amore.
L’altare di Manuel non è la sua malattia; questa assume il valore di strumento per la costruzione del suo “altare”. L’altare di Manuel è il suo personale rapporto con Gesù.
Quando Michelangelo lavorava alle sue opere di scultura soleva dire che la sua opera era solo di togliere quelle parti superflue di pietra di marmo che impedivano di emergere a ciò che era già presente nell’intimo della materia; così fu la malattia di Manuel per Gesù!
Gesù, attraverso la passione, il dolore, toglieva gradatamente da Manuel il superfluo, quel “di più” che nascondeva l’opera d’arte che è stato questo bambino.
Lo stesso soleva dire: «La sofferenza è stata per me un dono di Dio, perché ho imparato a soffrire come Gesù per le stesse sue piaghe».
L’altare è una mensa dove lo stare intorno pone nella condizione di potersi cibare di ciò che sulla stessa si offre.
«È giunta l’ora». In questa invocazione al Padre, Gesù sta invitando noi tutti a metterci intorno alla sua mensa, rivelandoci che è giunto il momento di alimentarci di ciò che su di essa si sta donando, di alimentarci di se stesso.
Manuel, nel dire che la sofferenza è un dono, esprime marcatamente lo stesso invito che è quello di guardare alla sua piccola vita, ponendoci attorno ad essa per alimentarci della sua stessa forza, ma anche della sua fragilità.
«Abbracciami Gesù, dammi Tu la forza per affrontare ogni cosa…». Il bambino con questa sua preghiera si colloca dinanzi all’altare di Gesù per prendere dalla quella mensa il Pane di vita dal quale scaturisce la vera forza per affrontare, nel dolore, ogni cosa.
Padre Giovanni Mucaria, ex parroco di Calatafimi Segesta, cappellano Ospedale Sant’Antonio abate (TP).
Un’incredibile forza d’animo
«La prima volta che ho incontrato Manuel era uno scricciolo di 4 anni e 14 chili; inizio doloroso, legato all’effettuazione di un aspirato midollare, che ci permise di definire la diagnosi corretta della malattia.
Alla fine di Luglio del 2005, infatti, Manuel era stato ricoverato all’Ospedale di Trapani per l’insorgenza improvvisa di dolore alla coscia destra e febbre continuo-remittente. Il 5 agosto era stato ricoverato presso il reparto IV Maggiore dell’Ospedale dei Bambini per una sospetta coxite bilaterale, cioè una sorta di infiammazione bilaterale delle anche; il riscontro della progressiva anemizzazione ha determinato una nostra consulenza per l’esecuzione di un aspirato midollare che ha permesso di rilevare un’infiltrazione tumorale massiva e ci ha fatto porre diagnosi di sospetto neuroblastoma.
Da quel momento, sicuramente doloroso, e non solo fisicamente, è iniziato il nostro particolare rapporto, fondato su un’estrema reciproca fiducia e affetto.
Subito l’intervento di asportazione del tumore primitivo, il cui esame ci ha permesso di formalizzare la diagnosi di Neuroblastoma, ed il posizionamento del catetere venoso centrale, per iniziare subito il trattamento chemioterapico; il diffuso coinvolgimento midollare ci obbligava ad una battaglia con una malattia già pienamente diffusa.
Manuel ha subito mostrato tutta la sua forza d’animo e la grande capacità di affrontare le avversità di un pesante percorso diagnostico e terapeutico. Il protocollo del neuroblastoma metastatico comincia con una sequenza di 8 cicli di chemioterapia molto ravvicinati tra loro
(l’intervallo tra un ciclo e l’altro è di soli 10 giorni) senza alcun condizionamento da parte dei parametri ematologici.
Il mancato raggiungimento della remissione midollare, alla fine di questa fase, ci ha obbligato a proseguire con un secondo schema con altri 4 cicli, dopo il quale Manuel è stato sottoposto alla chemioterapia ad alte dosi di condizionamento e successivo trapianto di cellule staminale emopoietiche, con un ricovero continuato in isolamento di circa 1 mese all’interno di un letto a flusso laminare.
In mezzo a tutta questa terapia antiblastica tante rivalutazioni per controllare lo stato della malattia con TC, scintigrafie e soprattutto i dolorosi aspirati midollari, non sempre eseguiti in anestesia generale.
Finalmente, dopo circa un anno di trattamento, l’inizio del mantenimento, 6 mesi di terapia orale a cicli, durante il quale Manuel recupera uno stato fisico normale ed i suoi genitori, e noi con loro, cominciamo ad accarezzare il sogno della guarigione.
Dopo lo stop terapia, nel febbraio del 2007, seguono le solite e fastidiose rivalutazioni, che documentano assenza di malattia. Nel giugno successivo viene rimosso il catetere venoso centrale; Manuel e la sua famiglia vivono quasi 3 mesi di serena normalità.
Proprio in quel periodo con Manuel, Beppe ed Enza ci incontrammo in costume da bagno sulla battigia della spiaggia di San Vito Lo Capo. In quell’occasione ricevetti il più bel gavettone della mia vita, perché me lo fece proprio Manuel. Per certi versi, il suo sguardo mi svelò il suo rancore per molte delle sofferenze che aveva dovuto subire e che mi avevano visto sempre come esecutore materiale.
Questa parentesi felice purtroppo venne interrotta alla fine di agosto di quell’anno, dopo 6 mesi soltanto di stop terapia e da quel momento in avanti sarà sempre un susseguirsi di trattamenti, densi di sofferenza, senza mai raggiungere una nuova remissione della malattia, durante i quali la dignità e la forza d’animo di Manuel e dei suoi familiari hanno sempre impressionato me e tutta la nostra équipe.
Il giorno della sua Prima Comunione, all’interno della cappella dell’Ospedale dei Bambini, tra un ciclo di chemio e l’altro, impressionò tutti con la sua incredibile saggia maturità, ma riuscii a tirargli fuori una genuina espressione di bambino felice regalandogli il “trenino Thomas”. Era il suo cartone animato preferito ed avevo fatto una fatica incredibile per riuscire a trovarlo, ma il suo splendido sorriso mi ripagò con gli interessi. Nonostante la sua tragica situazione, anche nei momenti più difficili della sua malattia, grazie alla sua fede infinita ed aiutato dalla preghiera, Manuel ha sempre mostrato un costante interesse per lo stato di salute degli altri bambini e ragazzi in cura presso il nostro Centro e per tutte le persone socialmente più deboli, denotando un altruismo fuori dal comune, anche quando, pochi giorni prima che ci lasciasse, sono andato a trovarlo nella sua casa di campagna. Era circondato dai suoi cari, la malattia gli aveva tolto la vista, il mal di testa ed i dolori diffusi alle ossa non erano sempre ben controllati, e lui continuava a preoccuparsi del benessere di tutti gli altri.
Il mio lavoro è certamente molto impegnativo, emotivamente pesante, ma lo faccio sempre con molta dedizione, ricavandone tante soddisfazioni. Devo però riconoscere che il fallimento con Manuel è stata una delle più frustranti esperienze della mia vita, anche perché, ad un certo punto del nostro percorso, ci eravamo convinti di essere riusciti a raggiungere l’obiettivo della guarigione.
Spero tanto che, con l’aiuto delle sue preghiere, sempre più bambini affetti da neuroblastoma metastatico possano raggiungere la guarigione».
Paolo D’Angelo, ex primario del reparto di oncoematologia dell’Ospedale Civico di Palermo.
Le parole di Gesù nei gesti di un bambino
«Domenica 18 Luglio del 2010, dopo pranzo, mi chiamò Stefania, la sorella di Manuel. Manuel stava sempre peggio e lei mi chiedeva di celebrare la messa alla presenza di Manuel per portare il conforto della celebrazione eucaristica al piccolo Manuel ed ai familiari. Il Vescovo fu d’accordo.
Tempo di preparare l’occorrente e corsi a Giummarella nella casa di campagna dove Manuel voleva trascorrere quei giorni. Arrivai e preparai il tutto per la celebrazione.
La messa iniziò esattamente alle quattro del pomeriggio, l’ora decima. Con me concelebrava don Giovanni Mucaria. Ed era “l’ora più calda del giorno”. Dopo la Liturgia della Parola dovevo tenere l’omelia. Nell’ora più calda del giorno” presso le “Querce di Mamre” tre personaggi misteriosi avevano visitato Abramo recando a lui e a sua moglie Sara l’annuncio della nascita di un figlio, Isacco.
Quella celebrazione quel giorno nell’ora più calda del giorno a Giummarella annunciava un’altra nascita ormai imminente: Manuel stava per nascere alla vita del cielo. Il versetto responsoriale chiariva il motivo: «I puri di cuore abiteranno nella casa del Signore”.
Manuel nella sua breve ma intensa vita sia nei momenti lieti che in quelli di maggiore sofferenza era stato proprio “puro di cuore, come Isacco “figlio del sorriso”, come Paolo “lieto delle sofferenze” sopportate per i fratelli e per completare i dolori di Cristo in favore di tutta la Chiesa.
Nei giorni seguenti mi colpirono particolarmente alcune parole di Manuel: mi sembrava di riudire nel linguaggio e vedere nei gesti di un bambino addirittura alcune delle parole pronunciate da Gesù sulla Croce.
Gesù aveva detto in croce “Ho sete”. Anche Manuel diceva: “Ho sete” perché la sua bocca riarsa aveva davvero sete. Gesù aveva detto in croce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato». Manuel diceva: “Mamma, Gesù non mi vuole più bene”.
Mi sembrò pure di vedere tracce di un profondo combattimento spirituale: Manuel ad un certo punto disse “Mamma, ho sbagliato”.
Manuel mi sembrava stesse resistendo ad una ultima grande tentazione di scoraggiamento. E mi ricordai delle parole di Luca al termine del racconto delle tentazioni di Gesù nel deserto: «Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il Diavolo si allontanò da lui per tornare al tempo fissato».
Dal momento che Luca non menziona altri episodi di tentazione nel ministero di Gesù, questo “tempo fissato” non poté che essere l’ora della Croce.
Così mi sembrò stesse succedendo in Manuel. Gesù aveva detto in croce: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Manuel diceva: “Mamma, voglio andare da Gesù”. Gesù aveva detto in croce: “Tutto è compiuto”. Manuel diceva: “Mamma, dammi una candela: devo spegnerla!”. Era abitudine di Manuel al termine di ogni terapia o ricovero in ospedale spegnere una candela come segno che aveva portato a compimento una missione.
Manuel quel giorno spense una candela con un getto di acqua attraverso una siringa con l’aiuto di mamma Enza, papà Peppe, Stefania e Francesco. E davvero tutto si compì da lì a poco.
Manuel si addormentò con il santo viatico dell’eucaristia in bocca: lui che amava chiamarsi il “guerriero della Luce” si addormentò nel Signore il 20 Luglio, giorno di Sant’Elia, il “profeta di fuoco”.
Siano rese grazie a Dio che si è degnato di rinnovare ancora i misteri della croce del suo Figlio Cristo Gesù nei nostri giorni e dinnanzi i nostri occhi nella vita di un bambino!».
Don Fabio Pizzitola, parroco a Calatafimi Segesta (TP) dal 2008 al 2011.
Semplicemente grazie, Manuel!
«Tra le tante grazie che il Signore mi ha concesso, c’è quella di avere conosciuto Manuel.
L’amicizia profonda e l’affetto che mi legano da molti anni alla sua famiglia, mi hanno permesso ci conoscerlo fin dalla nascita.
La nostra relazione è diventata più intensa quando sono stato chiamato a svolgere con lui il servizio di ministro straordinario dell’Eucaristia. Da quel momento ho potuto assistere, in prima persona, a un’esperienza spirituale eucaristica straordinariamente profonda.
Ogni incontro con Manuel era un intreccio di emozioni forti. Da un lato, la sofferenza di una malattia e spietata, che spesso mi turbava, talvolta fino all’angoscia; dall’altro, la fede limpida e incrollabile di tutta la famiglia. Una fede totale nel Signore che lui amava chiamare con tenerezza: “il mio amico Gesù”.
Manuel desiderava ardentemente ricevere l’Eucarestia. Ne conosceva il valore e sentiva il bisogno vitale della presenza viva di Gesù, come sostegno nella prova. Fu lui stesso a chiedere con insistenza di poter fare la Prima Comunione. Una richiesta, inusuale per un bambino della sua età, che inizialmente lasciò perplessi un po’ tutti: la famiglia, il cappellano dell’ospedale fra’ Mario Scifo. Ma il 13 ottobre 2007, nella cappella dell’ospedale dei bambini quel desiderio si fece realtà.
Da allora, ricevere l’Eucarestia diventò per Manuel un appuntamento quotidiano, irrinunciabile, soprattutto durante i lunghi ricoveri in ospedale. Anche nei giorni in cui il suo corpo era esausto, lo spirito rimane vigile e sentiva la necessità di ricevere il dolce sollievo del Signore.
Era evidente che quel momento per lui non era un semplice rito, ma un vero incontro. Non tanto con me, semplice ministro, ma con Gesù stesso. Un incontro, voluto, cercato, desiderato con tutto se stesso.
E io, ogni volta che stava succedendo in lui qualcosa di molto più grande di noi. Vedevo Manuel nella sua fragilità di bambino, ma nella sua fede era un gigante.
I nostri incontri erano sempre affettuosi. Prima del rito della Comunione ci scambiava amichevolmente qualche parola, racconti, sorrisi. Ma dietro quei gesti amichevoli c’era sempre una tensione spirituale, viva e intensa: la sua attesa per l’incontro con Gesù.
Ogni dettaglio del rito veniva vissuto con una partecipazione totale. La stanza si trasformava, acquisiva una sacralità quasi palpabile. Dal saluto inziale al momento penitenziale, Manuel viveva tutto con la consapevolezza di chi confida pienamente nella misericordia del Signore.
Spesso mi domandavo che cosa può avere da farsi perdonare un bambino come lui? Ma anche in questo, nella sua richiesta di perdono, traspariva la sua devozione e una fede pura.
Per Manul l’incontro con Gesù nel Vangelo aveva un valore speciale. Ascolta con attenzione il brano del Vangelo della domenica proclamato da uno di noi. Lo faceva in silenzio, con l’atteggiamento di chi desidera assorbire ogni parola, farla propria, viverla.
Dopo la Comunione, ricevuta con grande devozione da lui, dalla mamma e dai familiari presenti, il momento più toccante era quello successivo: il ringraziamento. Manuel si sdraiava sul divano, in silenzio, in una posizione che somigliava a quella dei contemplativi. Meditava sul mistero appena vissuto, su quel Corpo appena ricevuto, facendo trasparire chiaramente la gioia di un incontro intimo, bello, da gustare nel silenzio, un silenzio che non poteva interrompere.
Era dialogo con il Signore, che si prolungava e coinvolgeva tutti noi. Per me era il momento spirituale più intenso della settimana, un dono del Signore da vivere con gratitudine e rispetto. E quando Manuel si ridestava da quel momento di contemplazione, il suo volto era sereno, una serenità che non lo abbandonava, neanche nei giorni in cui il dolore si faceva più forte e lo sconforto avrebbe potuto prendere il sopravvento.
Il suo amore per l’Eucarestia era così grande da spingerlo a chiedere al Vescovo di ricevere anche la Cresima. E anche desiderio fu esaudito. A causa della sua salute precaria, non era possibile sostenere una liturgia pubblica con tante persone. Fu così che il vescovo Francesco Miccichè gli ha amministrato il sacramento, insieme alla sorella Stefania, nel giorno dell’Assunzione di Maria.
Nell’ultima settimana di vita, la casa di Manuel si trasformò in una piccola cappella. Per suo espresso desiderio, ogni giorno vi si celebrava la Messa. Accanto alla famiglia, sempre presente, c’erano gli amici più cari.
Il 20 luglio 2010 fu l’ultima volta. Quella mattina, padre Giuseppe, carmelitano e padre Ignazio celebrarono l’ultima Eucaristia terrena di Manuel. Ricevette la Comunione con la stessa fede di sempre e, subito dopo, fece ritorno dall’amato Padre da cui era venuto appena nove anni prima.
Per quanto mi riguarda, sono certo di aver ricevuto una grazia immensa. Aver conosciuto Manuel, essere stato presente alla sua prima e alla sua ultima Comunione, aver sentito il dono delle sue preghiere… tutto questo ha lasciato in me un segno indelebile.
E a lui, oggi e sempre, non posso che dire: Grazie, Manuel».
Pietro Vivona, Calatafini Segesta (TP).
Cinque minuti dopo la Comunione
«Ho conosciuto Manuel su internet, se non ricordo male a maggio del 2028. Cercavo una storia vera da raccontare ai bambini, che in quell’anno avrebbero fatto la Prima Comunione, affinché capissero l’importanza di ricevere Gesù presente realmente nell’Eucaristia, non solo la prima volta, ma anche per tutte le volte in avvenire. Così ho trovato un articolo su Manuel sul sito “Aleteia” che mi ha catturato subito l’attenzione.
Qualche tempo dopo ne ho parlato con un sacerdote più grande della mia Congregazione, che conosceva la storia di Manuel; mi disse che esisteva un libro sulla sua vita che lui stesso aveva letto. Non esitai a comprarlo. Lo iniziai a leggere e nel giro di quattro giorni lo terminai. Per me leggere un libro di quasi 200 pagine in così poco tempo è stato un record!
Non posso nascondere quanto Manuel mi abbia fatto bene all’anima! A me ha ricordato l’importanza di Gesù nell’Eucaristia. Di adorarlo e di fare il ringraziamento dopo averlo ricevuto sacramentalmente nella Messa.
In parrocchia rispettiamo il grande silenzio dopo la Comunione. Infatti, dopo aver distribuito la Comunione, per circa cinque minuti tutta la chiesa tace e si trova a colloquio con Gesù. A dire il vero già lo facevamo, ma Manuel è venuto a confermare questa nostra scelta. La gente ora non può non sostare con Gesù quei cinque minuti e lo fa con tanta devozione che commuove.
Mi ha impressionato l’amore alla Croce che ha avuto Manuel. Lo spirito di penitenza e di mortificazione. Dice San Luigi Maria Grignion de Montfort che “molti cristiani con la mano si fanno il segno della Croce, ma nel cuore ne sono nemici”. Manuel è stato un vero amico della Croce per la salvezza delle anime, per riparare i peccati commessi dagli uomini, offrendo le sue sofferenze, soprattutto per noi sacerdoti.
La cosa che mi ha fatto più piangere è stato quando rivelò alla mamma Enza l’ennesimo patto fatto con Gesù, cioè quando Gesù, sotto forma di due metastasi in testa, gli aveva regalato due spine della sua corona!
Infine mi ha colpito il suo amore per la Madonna, che si manifestava soprattutto nella recita quotidiana della corona del Rosario. La Madonna lo ha assistito e accompagnato perché lui si è lasciato accudire e accompagnare da lei, la nostra Madre del Cielo. Sentimenti che si ritrovano nella bellissima lettera che scrive per incoraggiare le persone a pregare il Santo Rosario. Quanto sarebbe bello se si pregasse il Rosario in ogni famiglia, in ogni focolare domestico. Quanti problemi si risolverebbero e quante famiglie non si disgregherebbero!
Per questi e per molti altri motivi, abbiamo deciso di dedicare qui a Torino il campo del nostro oratorio della parrocchia “Maria Madre della Chiesa” a Manuel Foderà! Come esempio di bambino amante di Gesù Eucaristico e della Madonna Santissima. Un altro Domenico Savio! I bambini del nostro oratorio lo conoscono. Alcuni di loro ed anche alcuni genitori hanno letto il libro che ha portato molti frutti alle loro anime.
Il 26 novembre 2022, la dedicazione del campo del nuovo oratorio è diventata realtà. Ancora oggi continuiamo a parlare di Manuel ai nostri bambini del catechismo, in modo particolare a coloro che si preparano a ricevere la Prima Comunione, soprattutto nel giorno del ritiro spirituale.
Caro Manuel, dal Cielo intercedi per tutti noi perché possiamo amare Gesù, la sua Croce e la Madonna Santissima come hai fatto tu, affinché possiamo ritrovarci un giorno tutti in Paradiso».
Padre Giuseppe Calvano, parroco di “Maria Madre della Chiesa” e “San Pier Giorgio Frassati” (TO).
Un compagno di viaggio
«Ho conosciuto il piccolo Manuel grazie alla prima edizione della sua bellissima biografia.
Quando si tratta dei “piccoli” tendo ad essere prudente, evitando facili entusiasmi e le rapide “canonizzazioni”. Ma in questo caso è stato diverso. Ho letteralmente divorato il libro e, da quel momento, è nata una crescente amicizia con il “Piccolo Guerriero della Luce”.
Leggendo i suoi scritti, emerge con chiarezza la profondità della sua spiritualità, sorprendente per un bambino della sua età e con una formazione necessariamente breve. Alcuni passaggi delle sue preghiere raggiungono vette che ricordano, per intensità e purezza, l’esperienza “mistica” di Francesco d’Assisi.
Sono convinto che il Buon Dio, avendo poco tempo a disposizione con Manuel, lo abbia colmato della sua Grazia, perché potesse lasciare un’impronta viva in chi lo ha conosciuto in vita, e in quanti lo hanno incontrato solo dopo – come me –, attraverso la sua testimonianza.
Da quel momento le occasioni di parlare “di” e “con” lui, si sono moltiplicate. Abbiamo organizzato incontri, momenti di preghiera e condivisione.
Abbiamo avuto anche il grande dono di accogliere, seppur per breve tempo, i suoi genitori ed alcuni amici, che ci hanno regalato una serata intensa e indimenticabile di testimonianza.
Negli ultimi anni, una volta al mese, abbiamo vissuto un momento di preghiera, dal titolo “Un gancio in mezzo al Cielo”, dedicato ai bambini e ragazzi oncologici. Lo facciamo anche in segno di vicinanza all'Ospedale Pediatrico Regina Margherita, che si trova a pochi passi da noi. In questi incontri, i testi del piccolo Manuel continuano a essere una guida, una luce, un ponte tra la Terra e il Cielo.
Alle catechiste, che da anni preparano i bambini alla Prima Comunione, consiglio sempre di far conoscere la testimonianza di Manuel. La sua storia può diventare per i più piccoli un autentico “compagno di viaggio”, un amico in Cielo capace di parlare al cuore e di guidarli verso una fede più viva e concreta.
La sua vita offre, infatti, continui spunti di riflessione e incoraggiamento a bambini, ragazzi e adulti. Manuel invita tutti a vivere con maggiore autenticità e passione il proprio cammino cristiano, ricordando che al centro c’è sempre la relazione personale con Gesù.
Un grande tesoro custodito in un piccolo bimbo! Un dono prezioso che non smetteremo mai di scoprire, un amico e un appassionato “alleato” che ci accompagna a riscoprire che credere non è un concetto astratto né qualcosa di lontano dalla vita quotidiana.
Con Manuel la fede diventa concreta. Accanto a lui si ha davvero la sensazione di “toccare con mano” e di “fare esperienza” viva di Gesù.
Grazie a te, piccolo-grande Manuel, alla tua cara famiglia e a tutti gli amici che stanno diffondendo il tuo messaggio!».9
Don Manuel Lunardi, parroco di “San Pio X” e di “Gesù Salvatore” (TO)
«E tu, come stai?»
«Ho conosciuto Manuel nel 2007, quando aveva 7 anni, tramite una mia amica, suor Chiara, clarissa di San Giovanni Rotondo. Un giorno, con un tono strano, lei mi disse: “Sai lì, in Sicilia, c’è mamma Enza che ha un bambino malato di neuroblastoma. Le ho parlato di te. Chiamala, ne vale la pena conoscerlo. Grazie per quello che farai per Manuel”.
Lì per lì mi è sembrata un’assurdità. Che dire ad una mamma con un bambino ammalato gravemente? Mi sono messa in preghiera e mi sono decisa di telefonarle. Mamma Enza mi ha risposto con un’accoglienza che mi ha stupita. Appena Manuel ha sentito che ero io, mi ha voluto parlare con affetto, come se ci fossimo conosciuti da tanto tempo. Da allora ci siamo sentiti al telefono quasi ogni giorno. Il sabato, poi, in vivavoce, dava un messaggio “evangelico” ai monelli del nostro oratorio. Non si è lasciato mai sfuggire un lamento o una commiserazione, riuscendo a trasmettere solo un grande amore per Gesù. Realizzava ciò che Don Bosco aveva visto nel sogno
dei nove anni trasformando i lupi in agnelli. Poco alla volta divenne il nostro punto di forza dell’oratorio e della parrocchia.
Un sabato un bambino gli chiese: “Manuel come si fa a diventare santi come te?”. E lui: “Eh, non è facile diventare santo, bisogna molto pregare e fare sacrifici”. “Ok, va bene!”, rispose il bambino.
Un'altra volta si rivolse così ai bambini e gli animatori del campo “Grest”: “Carissimi, sono ancora in ospedale, ma sto molto meglio. Le vostre preghiere mi hanno aiutato. Grazie di cuore per le vostre affettuose lettere. Mi emozionate quando mi chiamate ‘piccolo eroe, fratellino, caro amico, bambino speciale’. Prego tanto per voi, siete sempre nel mio cuore. Anch’io amo molto giocare e vincere. Però
devo imparare a non arrabbiarmi quando perdo. Mamma mi dice sempre che bisogna sempre avere il sorriso in bocca anche quando si perde perché Gesù è gioia, è dentro di noi e se noi diventiamo tristi, anche Lui lo diventa. Non possiamo quindi rattristarlo perché ci ama tanto.
Suor Antonella mi ha chiesto di pregare per voi perché siete andati al mare. Vi siete divertiti? La prossima volta ci vengo anch’io. Ogni bagno in acqua e ogni castello di sabbia che costruite dedicatelo a me e dite a Gesù: ‘Questo è un dono che facciamo per Manuel’ e io mi sentirò meglio.
Vivete bene questi momenti senza litigare e vogliatevi bene. Vi voglio tanto bene e continuate a scrivermi. Chiedete a suor Antonella la mia email.
Un abbraccio a tutti, comprese le mie suore.
Manuel”.
Un giorno lo accompagnai ad Alì (Messina) per pregare davanti all’urna della Beata Madre Morano, la suora salesiana che ha avviato la prima comunità delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Sicilia. Dopo alcuni attimi domandai sottovoce al papà notizie sulla salute di Manuel. Ad un certo punto il bambino si girò verso di noi pregandoci di non disturbare la sua preghiera. Una lezione che non dimenticherò più.
Penso che sia stata l’unica volta che abbia pregato per la sua guarigione. E lo fece quasi ridendo: “Madre Morano, ma stai dormendo? Svegliati!”.
Con il passare dei mesi i nostri colloqui divennero sempre più confidenziali. Enza mi chiedeva di aiutarla a capire quale fosse la volontà di Dio. La risposta ce la stava dando Manuel, vivendo il soprannaturale in modo naturale e pensando alla sofferenza degli altri bambini piuttosto che alla sua.
L’episodio che mi ha impressionato ancora di più è quello della crisi delle sue ultime 48 ore di vita quando ebbe una crisi profonda. Si lamentava con la mamma dicendo che Gesù non gli voleva più bene e che lui non si sentiva all’altezza della situazione e piangeva. A Enza e Stefania suggerii allora di far celebrare una Messa davanti a Manuel.
L’indomani mattina, ottenuto il permesso del vescovo, alle 11,30 Stefania mi scrisse che stava iniziando la Messa. Quando seppi che Manuel si era tranquillizzato, mi sono sentita sollevata e, tanto stanca, mi sono buttata sul letto, ringraziando il Signore perché con Lui Manuel aveva superato la crisi. Avevo chiuso gli occhi e pregavo, ad un tratto vidi, come in una visione reale, il volto di Manuel raggiante, trasfigurato, con un sorriso smagliante, accompagnato, a sinistra, dal volto sorridente di Gesù e, a destra, quello di Maria. Avanzavano verso di me per dissolversi, poi, oltre il mio sguardo.
Ad alta voce dissi: “Grazie Manuel”, proprio mentre mi arrivava il messaggio di Stefania: “In questo istante sono le 12,00 Manuel, dopo aver preso un pezzetto di Gesù Eucaristia, è salito in cielo…”.
Manuel era venuto a salutarmi e ad avvertirmi che era salito in Paradiso, preso da Gesù e Maria i suoi grandi Amori.
Manuel mi ha insegnato a capire come il Signore è delicato con noi, anche nella sofferenza non ce la dà mai più grande delle nostre forze. Per me ancora oggi è una forza prorompente e vicina, fedele alla sua promessa: “Vado da Gesù perché lassù lavorerò di più con Lui per salvare tante anime».
Suor Antonella Giuliano, Figlia di Maria Ausiliatrice, Istituto San Giuseppe (PA).
I suoi supereroi
«Sono un’assistente sociale e, insieme all’équipe composta da medici, infermieri, fisioterapisti e psicologi, ho assistito Manuel nelle ultime fasi della sua vita.
Eravamo abituati a lavorare principalmente con adulti, per cui l’approccio con un minore, in fase terminale di malattia, non è stato semplice per noi. Di solito fornisco consulenze socio-assistenziale, cercando di accompagnare il paziente, per quanto possibile, in questa delicata fase di chiusura della vita.
Mi sono chiesta come potermi avvicinare a un bambino così piccolo. Così ho chiesto a mio nipote, coetaneo di Manuel, se potesse darmi qualche gioco che a lui avrebbe fatto piacere ricevere.
Mio nipote mi diede delle carte dei Pokémon. Durante il tragitto, mentre ammiravo lo splendido paesaggio che portava a Calatafimi, cercavo in tutti i modi di immaginare quell’incontro.
Sapevo che sarebbe stato diverso dal solito: non avevo mai avuto difficoltà ad approcciarmi ai pazienti. Ma in questo caso si trattava di un bambino con una patologia grave. Era tutto più delicato.
Quando arrivai nella casa di campagna, Manuel mi accolse con il suo sorriso smagliante. Iniziai con qualche battuta, cercai di rompere il ghiaccio, chiesi come si chiamasse… Poi gli dissi che avevo portato per lui dei supereroi che avrebbero potuto aiutarlo. Lui, con dolcezza e gentilezza, mi rispose: «Guarda, io di questi non me ne faccio nulla Ho altri supereroi e li tengo tutti sotto il mio cuscino. La notte mi danno la forza di andare avanti».
Tirò fuori tutti i suoi santini. Rimasi spiazzata. Era una vera e propria collezione che custodiva con cura quasi maniacale. Di ognuno conosceva il carisma e il tipo di forza che poteva dargli.
Capii subito che i miei Pokemon non gli sarebbero serviti. Allora aprii il mio portafoglio e gli regalai i miei santini: quelli della Famiglia Salesiana: Maria Ausiliatrice, Don Bosco e Domenico Savio.
Fu felicissimo di accoglierli e di poter contare anche sul loro aiuto.
Potrei continuare all’infinito per raccontare quanto Manuel fosse speciale e quanta luce emanasse, nonostante la sofferenza.
Era brillante: brillante nel suo cuore, brillanti le sue idee.
L’assistenza con Manuel è durata poco, ma è bastata per colmarci di fede e di forza divina. In quella casa si respirava aria di santità.
Lo porto sempre nel cuore».
Maria Provenzano, Assistente Sociale Distretto Sanitario di Alcamo (TP).
Un fratello nella fede
«Ho sempre sentito parlare di Manuel nel nostro paese ma non ero informato della sua vera storia. Sapevo che era un bambino che aveva vissuto un legame straordinario con Gesù.
Conoscevo il fratello Francesco e la sorella Stefania ma non ancora i loro genitori. Poi, nel 2017, durante un viaggio ad Assisi, ho avuto l’occasione di incontrarli. Fin da subito tra noi è nata una profonda amicizia e un grande affetto che, ancora oggi, continua a crescere.
Qualche anno dopo, su iniziativa del nostro vescovo, Mons. Pietro Fragnelli, è nata l’Assocazione intitolata a Manuel. Per me è stato un dono immenso poter far parte di questo gruppo. È stato come ricevere una chiamata: conoscere Manuel non soltanto attraverso i racconti di coloro che l’hanno incontrato, ma anche attraverso la sua spiritualità, il suo amore per l'Eucaristia, che lui stesso definiva con affetto “una bomba di grazia”.
Da giovane, e come ministro straordinario della Comunione, posso confermare che essa dà anche a me tanta forza e nutrimento per la mia fede. Come ci ricorda Sant’Ignazio di Antiochia, è “farmaco di immortalità”, cibo di vita eterna.
Manuel è diventato per me un punto di riferimento. Un amico e un fratello nella fede. Ogni volta che mi preparo a guidare i momenti di preghiera per l’Associazione, sento Manuel vicino. E mi rivolgo a lui chiedendo il suo aiuto.
Sono certo che Manuel, dal Cielo, accompagni il mio percorso, i miei studi e le mie scelte. E lo ringrazio ancora per avermi affidato la sua famiglia e per avermi insegnato ad ascoltare la voce di tanti che lo hanno conosciuto.
Manuel è stato, ed è tuttora, un autentico “testimone della fede”. Un discepolo di Gesù che ha offerto la sua sofferenza con amore. Un “santo della porta accanto”, come avrebbe detto papa Francesco. Perché la santità, come ci ricorda la Gaudete et Exsultate, al n. 9, è “il volto più bello della Chiesa”. E come ci invita la Scrittura: “Siate santi, perché io sono santo” (Levitico 11,44).
Mi piace concludere con un pensiero che porto nel cuore: Manuel ha offerto la sua sofferenza per sciogliere i cuori induriti e che ha permesso a tutti attraverso la sua vita, per alcuni vuota e insignificante, di vivere cose bellissime e di avvicinare tutti a Maria e Cristo attraverso la preghiera del Rosario.
Una delle sue frasi che mi colpisce di più, riferendosi al suo amico Gesù, è: «Il tuo cuore non è il tuo ma il mio, e io vivo in te».
Grazie, Manuel, per il dono della tua vita. Continua ad essere una luce per questa nostra Associazione e intercedi dal Cielo per noi, per i poveri e per tutte le persone che ancora non conoscono il tuo Amico speciale».
Mario Simone, Calatafimi Segesta (TP).
Sempre con Gesù
«Sono legata alla famiglia di Manuel da un rapporto di parentela, in quanto la nonna di Manuel e mia madre erano cugine di primo grado. Non potevamo vederci frequentemente a causa della distanza, ma mia madre sentiva spesso sua cugina e quindi avevamo notizie.
Il primo ricordo che ho di Manuel è legato al matrimonio di una cugina comune. Ricordo questo bambino bello, sano e vivacissimo che giocava nella sala: ancora non si era manifestato il suo problema di salute, cosa che sarebbe avvenuta dopo non molto tempo.
Durante il decorso della malattia la nonna ci dava notizie e chiedeva preghiere. Di fatto ho pregato regolarmente per lui, coinvolgendo in questo anche qualche sorella dell’“Ordo Virginum”.
Manuel trascorreva lunghi periodi di ricovero in ospedale, ma spesso doveva stare in isolamento. Così una volta, su indicazione della nonna, ho potuto vederlo da dietro il vetro di una finestra che dava su un piccolo terrazzo dell’Ospedale dei Bambini di Palermo. Poi, perché lo accompagnassi costantemente con la preghiera, la nonna mi aveva anche dato una sua piccola foto ed io l’avevo messa nel tabernacolo della cappellina dell’“Ordo Virginum”, ubicata in un piano della mia casa, che funge da luogo di riferimento per le consacrate “O.V.” della diocesi. Era un modo per farlo stare a diretto contatto con Gesù e per ricordarmi di lui quotidianamente nella
preghiera.
Un giorno ho ricevuto una bellissima sorpresa. Manuel stava un po’ meglio e i genitori lo hanno portato a Corleone da fra’ Benigno Palilla, con cui avevano dei contatti. Prima di ripartire hanno pensato di passare a salutarmi.
Manuel aveva una grande attrazione per i luoghi sacri e per l’Eucaristia. Ricordo ancora il suo stupore quando è entrato nella cappellina e quando ha saputo che lì si custodiva l’Eucarestia.
Ma la meraviglia più grande è stata quando gli ho detto che anche lui era lì, sempre con Gesù, e gli ho mostrato la piccola foto nascosta sotto un tappetino all’interno del tabernacolo. Ha sgranato gli occhi, chiedendo ai genitori come fosse possibile che la sua foto si trovasse in quel luogo e ha manifestato una grande gioia!
Questa è stata la volta in cui sono stata a più diretto contatto con lui durante la malattia.
Un’altra volta sono andata a trovarlo a Calatafimi, ma in quel momento non stava bene e non è stato possibile vederlo. In seguito ho continuato a pregare per Manuel fino alla sua salita al cielo».
Rosa Maria Scuderi, consacrata nell’“Ordo Virginum”, Corleone (PA).
Tra i bambini papuani
«Sono padre Tomás Ravaioli, un sacerdote argentino missionario a Papua Nuova Guinea. Mesi fa, per un puro caso, ho letto qualcosa si Manuel su internet. Non avendo la possibilità di acquistare il libro, don Valerio mi ha inviato una copia digitale.
Conoscere la storia di questo piccolo eroe mi ha fatto un bene immenso. Ne ho parlato ai bambini durante un’omelia. Dopo la messa, mentre facevo finta di fare altre cose e di non ascoltare quello che dicevano le catechiste, mi sono accorto che i bambini ricordavano tutto quello che avevo detto loro! Le catechiste chiedevano ai bambini di raccontare qualcosa di quello che ricordavano delle mie parole, e i piccoli papuani facevano a gara per rispondere!
È sorprendente che la storia di Manuel sia arrivata così lontana. Oggi, in un altro continente e in un villaggio sperduto della Papua Nuova Guinea, tantissimi bambini conoscono questo loro coetaneo. E, cosa ancora più bella, molti di loro si sono impegnati a imitare alcuni suoi atteggiamenti.
Personalmente, da quando ho letto la vicenda di Manuel, ho iniziato a pregarlo perché aiuti in nostri bambini a crescere da buoni amici di Gesù come ha fatto lui».
Padre Tomás Ravaioli, Papua Nuova Guinea.
«Ha cambiato la mia vita»
«La grande fede di Manuel ha caratterizzato un’esperienza di vita di un bambino che ho sempre definito “un bambino speciale”. Ho sentito parlare di lui nella primavera 2021 in piena pandemia. Essendo stato fuori da Calatafimi Segesta per 43 anni, per motivi di lavoro, non sapevo assolutamente nulla di questo bambino e della sua famiglia. Leggendo i vari libri che erano stati pubblicati prendo coscienza che ci sono vite che scorrono normalmente e vite decisamente autentiche.
Quella di Manuel è stata una vita breve ma eccezionale. Ciò che mi ha sorpreso di più, nel fare di questo bambino, è il “saper essere” profondamente originale, nell’esprimere con parole e fatti la sua devozione per un amico speciale: Gesù.
Illuminato e ispirato da una fede straordinaria, era capace di coinvolgere adulti e bambini scrivendo lettere e preghiere nonostante la sua giovane età. Mi permetto di dire che a quell’età ogni bambino pensa solo a giocare. Perciò, mi sono fatto
persuaso che, se Manuel riusciva ad essere originale e a manifestare la propria fede era perché per lui, in cielo, il suo amico Gesù aveva preparato un progetto speciale.
Altri aspetti importanti che hanno caratterizzato la sua vita sono stati le attenzioni per i poveri, per i mendicanti, per i migranti, per le persone anziane, per i sacerdoti. Il suo aiuto era rivolto a tutti coloro che ne avevano bisogno senza distinzione di colore e di religione.
Ricordo, come raccontava il papà, che quando andava a Palermo, in ospedale, non mancavano occasioni per elargire il proprio contributo ai venditori ambulanti. Non andava oltre quel cancello se suo padre non lo accontentava. Ed era lui a suggerire al papà la cifra da donare.
Manuel riposa nel camposanto di Calatafimi Segesta dove, spesso, confluiscono persone adulte e bambini. Lì ho visto persone provenienti da ogni parte dell’Italia inginocchiate in preghiera.
Alla luce di quanto ho imparato fino ad oggi, ma soprattutto prendendo esempio dal vissuto di questo bambino eccezionale dico con molta umiltà: Manuel mi ha cambiato la vita.
Ignazio Eugenio D’Anna, Calatafimi Segesta (TP).
Sempre al mio fianco
«Manuel, mi manchi da morire, anche se ogni volta che ho bisogno del tuo aiuto, il tuo intervento è tempestivo.
Sei stato un ottimo compagno di giochi ed è un dolore straziante non poter più giocare con te.
Ricordo i nostri giri in auto dove, al mio fianco, cambiavi le marce così bene che credevo di aver inserito il pilota automatico. È così che voglio immaginarti: su un’auto, ancora al mio fianco, gioioso e scherzoso, mentre percorriamo il lungo traguardo della vita. T.V.B.»
Il tuo fratellone Francesco
Forte e coraggioso
«Grazie per avermi fatto capire che bisogna pregare tanto perché la preghiera, come dicevi tu “è un’arma potente, più forte della dinamite”.
Hai sempre dimostrato di essere forte e coraggioso, come un vero guerriero della Luce.
Sii felice con il tuo Gesù, angioletto del mio cuore».
Nonno Stefano
Stelle colorate
«Sono certa che dal Paradiso il tuo sorriso, la tua gioia di vivere, il tuo stupore per le meraviglie del creato e delle creature arriveranno fino a me.
Continua a vegliare sul mio cammino di “pellegrina e forestiera”. Ogni volta che vedrò i fuochi d’artificio, penserò che vieni a me con questa pioggia di stelle colorate e sonore».
Suor Chiara
Le sue preghiere
«Sono sempre più convinto di essere stato destinatario di una grazia particolare, di avere conosciuto Manuel, di essere stato presente nella prima ed ultima Comunione terrena, di avere sempre goduto delle sue preghiere».
Piero
Il sorriso del silenzio
«Sono contenta che la sua storia si conosca anche attraverso questo libro, con la speranza che le sue parole entrino nel cuore di chi lo conoscerà perché si possa amare Gesù e la vita!
Sono onorata di aver conosciuto il piccolo grande Manuel. Cercherò di trasmettere, ad ogni persona che incontrerò, ciò che mi ha donato anche con un semplice sorriso o con il silenzio».
Celeste
Una grande eredità
«Grazie, Manuel, per avermi insegnato ad emozionarmi, grazie per il tuo impegno, grazie per ciò che mi hai lasciato in eredità».
La tua maestra Rosalba
Il coraggio e la carità
«Ho avuto la fortuna di conoscere Manuel: un bambino straordinario che, malgrado la sua grave malattia, dava aiuto e coraggio agli altri. Era un bambino caritatevole ed era felice quando aiutava chi era in difficoltà».
Claudia
Una profonda spiritualità
«Sentendolo parlare, ho potuto constatare come una profonda spiritualità possa essere radicata anche in un bambino di soli 9 anni. Ha lasciato un grande vuoto e, insieme al suo sorriso, semplicità e voglia di andare avanti, una luce unica che ha sempre cercato di tenere accesa. Sono sicura che dal Paradiso veglia su tutti noi con la sua preghiera. Grazie Manuel per essere entrato nella nostra vita».
Nicoletta (figlia spirituale di San Pio da Pietralcina) e il figlio Antonio Massa
Soffrire per amore
«Grazie, Gesù per il dono speciale di Manuel. Un grazie di cuore alla sua famiglia che ha saputo donarlo a Te con serenità testimoniando, come diceva Sant’Agostino, che il soffrire dobbiamo saperlo tramutare in un offrire con amore».
Rosaria
Un venticello freschissimo
«Pomeriggio del 20 luglio 2010. Avevo ricevuto la notizia del ritorno alla casa del Padre del piccolo Manuel, in tempo reale. Trascorsi alcune ore in preghiera. All’improvviso avvertii chiaramente un venticello freschissimo in direzione del viso e dei capelli. Un attimo, un lunghissimo istante. Era l’abbraccio del piccolo Manuel per me».
Cinzia
I tuoi amici
«Non ti dimenticheremo mai, Manuel!»
I tuoi amici dell’Associazione “Madre Serafina Farolfi”












